Pubblichiamo un interessante intervento, pubblicato sulla rivista “Scuola 7” , del prof. Luciano Rondanini, sul problema della compilazione del PEI dopo la sentenza del Tar
“Alcune associazioni di famiglie con figli disabili e il Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno hanno presentato ricorso al Tar Lazio contro il Ministero dell’Istruzione e il MEF per l’annullamento del modello nazionale di PEI, introdotto con il Decreto Interministeriale (DI) 182/2020.
Lo stato dell’arte
Il giudice amministrativo con Sentenza 14 settembre 2021, n. 9795 ha, in buona sostanza, accolto le ragioni dei ricorrenti, riportando le lancette dell’orologio alla situazione preesistente.
A sua volta, il Ministero con nota 17 settembre 2021, n. 2044 ha diramato istruzioni indirizzate alle istituzioni scolastiche con l’obiettivo di dare continuità all’azione educativo-didattica, richiamando gli impegni dei docenti di cui agli art. 7 e 9 del D.lgs. 66/2017, modificato dal successivo decreto 96/2019. La conseguenza è che il PEI va comunque redatto entro il mese di ottobre 2021 e che le istituzioni scolastiche potranno utilizzare la modulistica già impiegata nell’a.s. 2019-2020.
I punti del contendere
Come ha sottolineato Rosa Stornaiuolo nel suo commento alla nota 2044/2021 (in Scuola 7- 251), si prende atto che i motivi di censura del ricorso riguardano sostanzialmente quattro ambiti:
a) Composizione e funzioni del Gruppo di Lavoro Operativo (GLO);
b) Possibilità di frequenza con orario ridotto;
c) Esonero dalle materie per gli studenti con disabilità;
d) Assegnazione delle risorse professionali per il sostegno e l’assistenza.
La valutazione complessiva del TAR Lazio è che il DI 182/2020 abbia esorbitato dalla delega ricevuta, “violando i principi e i criteri direttivi della legge 107/2015”. Entriamo nel merito dei primi due motivi, oggetto del contenzioso, rinviando gli altri due ad una successiva analisi.
Composizione e funzioni del GLO
Relativamente al primo punto, nella nota 2044/202 si sottolinea che nel funzionamento del GLO non devono essere poste limitazioni al numero degli esperti indicati dalla famiglia. Al riguardo, nelle Linee guida allegate al DI 182/2020, si esplicita che tra le figure esterne al contesto scolastico, possono prendere parte al GLO:
- specialisti e terapisti dell’ASL;
- specialisti e terapisti privati segnalati dalla famiglia;
- operatori/operatrici dell’Ente Locale, soprattutto se è attivo un Progetto Individuale;
- componenti del GIT.
In realtà, nel decreto 182/2020 il tema della composizione del GLO risulta abbastanza confuso. In particolare, per quanto concerne gli esperti indicati dalla famiglia, il giudice amministrativo evidenzia un “eccesso di potere discrezionale” attribuito al Dirigente scolastico. A questo proposito, nelle Linee guida, allegate al Decreto, si afferma che il Capo d’istituto, dopo aver acquisito la richiesta dei genitori per il coinvolgimento di tali figure di tali figure, le “autorizza a partecipare agli incontri del GLO”, rispettando nel contempo una condizione limitativa. Uno specialista privato, si sottolinea, può essere individuato quale partecipante del GLO solo se dichiara di“non essere retribuito dalla famiglia” e la sua partecipazione ha valore consultivo e non decisionale. Tale potere è ritenuto dal giudice amministrativo eccessivo e non previsto nella normativa.
IL GLO e le prerogative del Dirigente scolastico
In generale, la composizione di un gruppo di lavoro deve essere il più possibile chiara e sottratta a scelte discrezionali che possono comportare spazi di ambiguità. Va però detto che il Dirigente scolastico, in base all’art. 25 Del D.lgs. 165/2001 è tenuto ad assicurare la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al Dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il Dirigente scolastico, organizza l’attività a scuola secondo criteri di efficienza e di efficacia.
Nel decreto legislativo 96/2019 si afferma che il GLO è composto dai docenti della sezione o della classe (scuola dell’infanzia e primaria) e dei consigli di classe (scuola secondaria di I e di II grado), “con la partecipazione dei genitori … o di chi esercita la responsabilità genitoriale, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica che interagiscono con la classe, … nonché con il necessariosupporto dell’unità di valutazione multidisciplinare”.
Si tratta di una composizione ingarbugliata, che va nella direzione opposta ai criteri di efficienza e di efficacia del servizio erogato che il Dirigente scolastico deve assicurare. Particolarmente nebuloso appare il passaggio relativo alle figure professionali specifiche esterne all’istituzione scolastica.
Il nodo delle figure esterne
Mentre l’individuazione delle professionalità interne all’istituzione scolastica rientra nelle prassi ordinarie dell’organizzazione dell’istituto (funzioni strumentali, referenti dell’inclusione, eventuali psicopedagogisti…), risulta più complessa la scelta delle figure esterne. Il decreto interministeriale 182/2020 ha cercato di definire chi sono tali figure. Storicamente (art. 13 della legge 104/1992) esse sono espressione di servizi gestiti:
- dalle Unità sanitarie locali, relativamente a figure specialistiche (neuropsichiatri, psicologi, logopedisti…);
- dagli enti locali per quanto riguarda in particolare l’assistente all’autonomia e alla comunicazione e eventuali ulteriori professionalità (educatori, tutor…).
La norma ha previsto sin dagli anni Novanta che genitori di bambini con disabilità collaborino alla stesura del PEI (legge 104/1992, Atto di indirizzo 1994…). Nel DI 182/2020, si apre ad ulteriori ed eventuali esigenze dei genitori, affermando che, “ove richiesto”, il Dirigente scolastico “può autorizzare la partecipazione di non più di un esperto indicato dalla famiglia”. Come già sottolineato, tale criterio è contestato dal giudice amministrativo e la nota ministeriale 2044 del 17 settembre 2021, in ottemperanza alla sentenza del TAR, estende la composizione del GLO a più figure, indipendentemente dal rapporto economico intercorrente tra famiglia ed esperto. Va ricordato però che in molte istituzioni scolastiche funzionano decine di GLO. È inevitabile che la presenza di esperti esterni indicati dai genitori, soprattutto se retribuiti, possa determinare conflittualità e lungaggini. Un esperto, soprattutto se retribuito, rischia di trasformarsi nell’avvocato difensore dei genitori con il rischio di determinare contrapposizioni destinate ad abbassare la qualità dei processi inclusivi. Esattamente il contrario di ciò che l’istituzione scolastica e il suo Dirigente sono tenuti a garantire.
La risposta del TAR
Entrando più direttamente nel merito della questione, nella sentenza del Tar Lazio si evidenzia che il Governo si è spinto a “dettare un’autonoma disciplina del Gruppo di lavoro operativo (GLO) non prevista dalla normativa primaria” e richiama proprio la statuizione del ruolo svolto dal Dirigente scolastico (art. 3 del D.I. 182/2020). Questa prerogativa, secondo il giudice amministrativo, rappresenta un eccesso di discrezionalità a fronte della disposizione di cui all’art. 15, comma 10 della legge 104/1992 che contempla, invece, la partecipazione al gruppo di lavoro di “figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica, che interagiscono con la classe e con la bambina o il bambino, l’alunna o l’alunno, la studentessa o lo studente con disabilità”, utilizzando dunque ilplurale, non il singolare.
Secondo il TAR, l’utilizzo del “plurale” avallerebbe un’indicazione plurima di esperti anche da parte dei genitori. Ci sembra un’interpretazione decisamente discutibile. L’espressione di cui all’art. 15 della legge 104/1992, infatti, è di natura meramente linguistica, non spendibile, a nostro avviso, sul piano giuridico. In ogni caso, tale orientamento porta il giudice amministrativo a difendere anche la presenza di più esperti indicati dalla famiglia. L’eventuale retribuzione di tali figure, secondo la sentenza del TAR, risulta ininfluente. Quindi, stando a quanto affermato nella sentenza, oltre alla limitazione numerica (“uno soltanto”), si aggiunge un ulteriore requisito, peraltro oltremodo restrittivo peraltro, senza che nessuna norma primaria abbia mai autorizzato una limitazione di tal fatta.
A nostro avviso, in questa intricata vicenda, il TAR ha tenuto conto più delle richieste delle famiglie che delle ragioni di funzionamento dell’istituzione scolastica.
La riduzione dell’orario di frequenza
Il secondo punto contestato dalla sentenza del TAR Lazio è la riduzione dell’orario di frequenza dell’alunno in situazione di handicap che però, nell’ottica della personalizzazione del percorso scolastico, d’accordo con la famiglia, si è sempre realizzata.
L’integrazione tra il tempo della scuola e il tempo della vita nel caso della disabilità (ma anche di altre situazioni causate dalla condizione di salute del soggetto) dipende dalle circostanze personali di ogni studente. La soluzione del problema, pertanto, non può essere affidata alla mera affermazione di un principio formale, ma deve trovare, come avviene già nelle comunità più coese, risposte concrete in accordi locali. La sentenza del TAR in questo senso è molto chiara: richiama gli impegni degli Stati firmatari della Convenzione ONU del 2006 (legge 18/2009). Nell’art. 2 del documento si afferma infatti che, per tutelare pienamente i diritti e le libertà fondamentali della persona con disabilità, occorre pervenire a specifiche forme diaccomodamento ragionevole.
L’accomodamento ragionevole
Il giudice amministrativo afferma che la ratio di tale richiamo va ricondotta al contesto, inteso come ambiente, procedure, strumenti educativi ed ausili, a doversi adattare agli specifici bisogni delle persone disabili e non viceversa.
Anche secondo noi, a fronte della complessità del problema, l’art. 13 del DI 182/2020 appare eccessivamente schematico e sbrigativo. Nel modello nazionale di PEI, infatti, è previsto un prospetto riepilogativo nel quale vengono indicate alcune specifiche. Nella prima di queste deve essere dichiarato se l’alunno è presente a scuola per l’intero orario o se si assenta su richiesta della famiglia o degli altri specialisti sanitari, in accordo con la scuola, indicando le motivazioni. Si tratta di una richiesta formale, che non aiuta ad affrontare seriamente questa particolare criticità.
Che fare?
Il problema della mancata frequenza del tempo scuola deve essere posto su due livelli:
- macro, ossia la governance territoriale;
- micro, cioè l’organizzazione della singola scuola e, in particolare, del rapporto tra il PEI (scolastico) e il progetto individuale (extra scuola).
È del tutto evidente che le terapie riabilitative dovrebbero essere assicurate in orario non scolastico. In realtà sappiamo che questo non sempre è possibile per un’infinità di ragioni, in primis per la carenza di professionalità specialistiche in ambito clinico. In qualche caso, le riduzioni di orario possono essere richieste anche dagli specialisti delle ASL o dagli stessi genitori per la difficoltà da parte di determinati ragazzi di rimanere a scuola per tutte le ore di frequenza previste. Va da sé che la diminuzione oraria non può essere ricondotta all’incapacità delle scuole di gestire l’alunno con disabilità (mancanza di copertura oraria, ritardi nelle nomine dei docenti di sostegno…). Tali “soluzioni” erano e restano“illegittime”, in quanto ledono il diritto allo studio costituzionalmente protetto. Qualora però la riduzione di orario soddisfi effettive esigenze dello studente con disabilità, è corretto che tale eventualità sia formalizzata nel PEI.
A livello di governance territoriale in molte realtà continuano ad essere sottoscritti gli “accordi di programma” nei quali vengono definite le condizioni delle prestazioni riabilitative. Lo stesso decreto legislativo 66/2017 ha previsto il funzionamento di un nuovo organismo, il GIT (Gruppo per l’inclusione territoriale). Anche se allo stato attuale non è stato ancora formalizzato, il livello dell’ambito territoriale può rappresentare uno spazio di riferimento per intese interistituzionali.
Possibili soluzioni organizzative per il curricolo personalizzato
A livello micro, ogni scuola nelPiano per l’inclusione definisce le modalità dell’integrazione tra PEI e Progetto di vita (Pdv). In linea di principio le ore perdute per attività sanitarie o riabilitative devono essere recuperate. La nota 2044/2021 del Ministero dell’Istruzione è addirittura perentoria: non può essere previsto un orario ridotto di frequenza alle lezioni dovuto a terapie e/o prestazioni di natura sanitaria, con conseguente contrasto con le disposizioni di carattere generale sull’obbligo di frequenza. In realtà la circolare ministeriale 4 marzo 2011 n. 20 (relativa alla scuola secondaria di I e di II grado) richiama l’art. 14 (comma 7) del DPR 122/2009 (Regolamento di coordinamento delle norme relative alla valutazione degli alunni). In tale articolo si prevede che la frequenza di “almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato”, posto a fondamento della validità dell’anno scolastico, possa prevedere deroghe da parte del collegio dei docenti.
Nella CM 20/2011, a titolo esemplificativo, tra i motivi di eventuali deroghe vengono indicati quelli di “salute adeguatamente documentati e delle terapie e/o cure programmate”.
Pertanto il curricolo personalizzato dello studente può anche escludere le ore “perse” a causa dei motivi di salute sopra accennati.
Può! Certamente. È opportuno però che tali riduzioni vengano compensate con attività o esperienze realizzabili a scuola (con docenti, collaboratori…) o in altri ambienti extra scolastici (con assistenti all’autonomia e alla comunicazione, educatori, tutor…).
Contestualizzare i bisogni educativi
Principi e criteri generali posti alla base della progettazione del PEI e del Pdv vanno sempre contestualizzati. Diversamente rischiano di appesantire inutilmente l’organizzazione complessiva dell’inclusione scolastica.
Va ribadito che al centro dei diversi impegni delle istituzioni, delle famiglie, delle associazioni… devono essere sempre considerati ibisogni educativi della persona con disabilità, per evitare nella misura massima possibile che lo studente perda ore di lezione.
L’equilibrio tra il tempo scuola e il tempo del progetto individuale è complesso, ma di importanza basilare. Tale integrazione presuppone impegni ravvicinati e tempi definiti. Certo, non siamo condannati a capire o fare tutto subito. Le ragioni hanno bisogno di attese, a condizione che se ne ravvisi il senso e l’utilità. Una cosa è certa: in un tempo indecifrabile è molto difficile fare inclusione.”