Molti docenti transitati dalla scuola dell’infanzia nella scuola secondaria lamentano il mancato riconoscimento ai fini della carriera del servizio prestato nel ruolo di provenienza.
In proposito vogliamo ricordare che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 22726 del 20 luglio 2022, hanno affermato il principio di diritto secondo il quale «ai fini della determinazione dell’anzianità di servizio del docente di materie curricolari da computare all’atto di immissione in ruolo anche nel passaggio dalla scuola materna alla scuola secondaria va considerato il servizio non di ruolo prestato prima dell’immissione in ruolo».
Tale principio, secondo la Suprema Corte, deve essere, altresì, applicato »agli insegnanti di religione cattolica quanto al servizio svolto presso la scuola materna prima del passaggio in ruolo nella scuola secondaria».
Nel caso di specie, una docente di religione immessa nel ruolo della scuola secondaria statale proponeva ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva rigettato la sua domanda volta ad ottenere il riconoscimento del servizio preruolo prestato nella scuola materna ai fini della ricostruzione di carriera.
A seguito di ordinanza della Sezione Lavoro del Supremo Collegio, dunque, veniva rimessa alle Sezioni Unite la questione avente ad oggetto il diritto degli insegnanti della scuola materna – segnatamente degli insegnanti di religione – che entrano nei ruoli della scuola secondaria di vedersi riconosciuta l’anzianità di servizio maturata durante i rapporti di lavoro a termine precedenti all’ingresso in ruolo.
In primis, i Giudici richiamano quanto affermato dalle Sezioni Unite in una precedente sentenza (cfr. Cass., sez. un., 6 maggio 2016, n. 9144) – a cui la Corte di Cassazione ha dato, successivamente continuità (cfr. Cass., 4 ottobre 2016, n. 19779; Cass., 5 aprile 2018, n. 8448; Cass., 24 febbraio 2020, n. 4877) -, nella quale è stato affermato che l’insegnante ‘di ruolo’ della scuola materna che transita nel ‘ruolo’ della scuola secondaria ha diritto al riconoscimento integrale dell’anzianità maturata nel ruolo di provenienza.
In particolare, nella pronuncia richiamata, si evidenzia che l’art. 83 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, attinente alla valutazione del servizio pregresso del personale delle scuole di istruzione secondaria mediante ricostruzione della carriera, deve ritenersi applicabile anche alle ipotesi di passaggio a ruoli superiori non espressamente disciplinati dalla norma – tra cui i passaggi a ruoli superiori degli insegnanti di scuola materna -, alla luce di quanto previsto dall’art. 57 della legge 11 luglio 1980, n. 312, che prevede la possibilità che i passaggi di ruolo di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 417 del 1974 siano disposti, oltre che da un ruolo inferiore ad un altro superiore, anche da uno superiore ad uno inferiore, consentendo una piena fungibilità tra i ruoli di ogni ordine e grado.
Le norme sopra citate sono, successivamente, confluite nel d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (c.d. T.U. in materia di istruzione), il cui art. 485, ai commi 1 e 3, equipara, ai fini del riconoscimento dell’anzianità, con riferimento al servizio prestato presso le scuole elementari, il servizio ‘di ruolo’ e quello ‘non di ruolo’ in caso di passaggio presso le scuole di istruzione secondaria, nonché in caso di passaggio dalla scuola materna alla scuola elementare.
L’art. 485 del d.lgs. 297/1994, invece, non prevede espressamente il riconoscimento del servizio preruolo prestato presso la scuola materna in caso di immissione nei ruoli della scuola secondaria. Tuttavia, secondo la Corte di Cassazione, anche di tale norma deve essere data un’interpretazione estensiva, coerente con quanto già affermato dalle Sezione Unite nel 2016 e finalizzata ad evitare il configurarsi di una disparità di trattamento.
Inoltre, la Suprema Corte ritiene che la norma violi la clausola 4 dell’Accordo Quadro in materia di contratto a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE e, quindi, debba essere disapplicata «nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dalla stessa indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall’art. 11, comma 14, della legge 124 del 1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato».
Sul punto, le Sezioni Unite richiamano quanto affermato dalla Corte di Cassazione in una precedente pronuncia (Cass., 28 novembre 2019, n. 31149), ossia che la clausola 4 dell’Accordo Quadro, la quale sancisce il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, trova applicazione ai casi in cui l’immissione in ruolo sia stata preceduta da rapporti a termine, anche qualora il rapporto a termine, seppure non più in essere, venga fatto valere ai fini dell’anzianità di servizio, in conformità a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Alla luce di quanto affermato dalle sentenze richiamate, pertanto, le Sezioni Unite ritengono che, nel caso di immissione del docente nel ruolo della scuola secondaria, il servizio in precedenza prestato quale insegnante di scuola materna “non di ruolo” non può essere valutato diversamente da quello prestato dall’insegnante di scuola materna “di ruolo”.
Infine, per quanto concerne gli insegnanti di religione, innanzitutto, il Supremo Collegio evidenzia che la legge 18 luglio 2003, n. 186, nel disciplinare lo stato giuridico di docenti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, ha introdotto, all’interno della categoria omogenea dei docenti di religione con incarico annuale, la distinzione tra docenti di ruolo, assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e docenti non di ruolo assunti con contratto a tempo determinato.
Inoltre, la stessa legge riconosce all’insegnante di religione uno stato giuridico pari a quello degli insegnanti delle materie curriculari, affermando il principio di parità di diritti e doveri rispetto a quest’ultimi e mantenendo la specialità della categoria solo con riguardo ai titoli ed alle modalità di reclutamento.
Dunque, secondo i Giudici, atteso che il legislatore non ha dettato nessuna norma per disciplinare in modo differenziato o specifico la questione del riconoscimento all’atto dell’immissione in ruolo degli insegnanti di religione dei servizi prestati in precedenza, anche a questi ultimi spetta il riconoscimento dei servizi pregressi non di ruolo, anche se prestati presso le scuole dell’infanzia, non solo in caso di immissione in ruolo nella scuola primaria, ma anche in caso di immissione in ruolo nella scuola secondaria.
Alla luce delle sopra esposte argomentazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso della docente, rinviando alla Corte territoriale per un nuovo esame della controversia sulla base dei principi di diritto enunciati.
Ci risulta che la locale Ragioneria Territoriale dello Stato continui ad affermare che, in assenza di norma di legge specifica ovvero di una nota chiarificatrice da parte del MEF di concerto con quello dell’Istruzione, non è possibile ammettere a registrazione provvedimenti che riconoscono ai fini della carriera il servizio reso nella scuola dell’infanzia all’atto del passaggio nella scuola secondaria.
A tal fine, forse è opportuno precisare che le sezioni unite della Corte di cassazione sono una particolare struttura della Corte, cioè un collegio di nove tra i giudici della Corte stessa, che viene chiamato a pronunciarsi in particolari casi tra i quali, principalmente, quello in cui ci sia da risolvere un contrasto sulla soluzione di una questione giuridica decisa in passato in modo opposto dalle singole sezioni semplici.
In termini più semplici: può accadere che le sei sezioni semplici civili della Corte di cassazione abbiano deciso in modo diametralmente opposto in passato, con le loro sentenze, una identica questione di diritto.
Ed allora siccome la Corte di cassazione ha, come abbiamo sottolineato, il compito essenziale di assicurare l’uniforme interpretazione del diritto nazionale, la legge prevede che il primo presidente della corte possa disporre che si pronuncino le sezioni unite allorché vengano presentati dai cittadini ricorsi per decidere i quali occorra risolvere proprio quella questione che già in passato era stata decisa in modo contrastante da diverse sentenze delle singole sezioni semplici.
In questo caso, proprio per evitare che si continuino ad avere nel tempo due orientamenti opposti per risolvere una stessa questione, vengono fatte intervenire le sezioni unite per stabilire a quale dei due opposti orientamenti si dovrà dare prevalenza, cioè quale dei due orientamenti è in effetti quello che meglio applica ciò che le norme stabiliscono (in modo, però, evidentemente oscuro).
In sostanza, quando le norme scritte dal Parlamento sono poco chiare, a tal punto che diverse sezioni della Corte di cassazione le interpretano in modo opposto, possono intervenire le sezioni unite per fornire una soluzione definitiva al contrasto di interpretazione.
Ciò detto, appare evidente che un Dirigente Scolastico, nel formulare il provvedimento di cui stiamo trattando, proprio facendo riferimento alla indiscussa e chiara sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, può procedere al riconoscimento del servizio prestato nella scuola dell’infanzia senza incorrere in alcuna responsabilità di carattere erariale.