Nel pubblicare il testo del disegno di legge relativo alla manovra di bilancio 2024, e riservandoci un esame dettagliato delle norme contenute nel predetto provvedimento in materia di fisco, pensioni e scuola, riteniamo di tranquillare quanti, da una lettura approssimativa del testo hanno timori per la riduzione del trattamento pensionistico.
Invero, il disegno di legge prevede un taglio per le pensioni per gli gli iscritti alle ex gestione INPDAP confluite a suo tempo nell’INPS: cassa per le pensioni dipendenti degli Enti locali (CPDEL), Cassa per le pensioni dei Sanitari (CPS), Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI), cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari, agli aiutanti ufficiali giudiziari e ai coadiutori (CPUG).
Per questi dipendenti, in relazione ad eventuali contributi versati nel periodo 1981-1995, non si applicheranno più le aliquote di rendimento previste dalle attuali tabelle (risalenti al 1965) ma quelle nuove, allegate alla Legge di Bilancio 2024.
Secondo Il Messaggero, un dipendente pubblico che rientra nella platea di coloro che avranno il ricalcolo della quota retributiva del trattamenti previdenziale, se che va in pensione di vecchiaia nel 2024 con 35 anni di contributi e 67 anni di età con una RAL di 30mila euro allora prenderà fino a 4.400 euro in meno. Il taglio sfiora i 6mila euro per chi ha stipendi lordi da 40mila euro, supera i 7.300 euro per le retribuzioni sopra i 50mila euro.
Quindi, a dispetto di annunci giornalistici che parlano di tagli alle pensioni degli insegnanti occorre precisare che tali riduzioni riguardano i docenti degli asilo e di scuole parificate aderenti alla specifica cassa e non ai docenti del settore scuola.
Magra consolazione, atteso che sono previsti comunque interventi penalizzanti sulle pensioni (dove sei Salvini che “annunciavi abolizione della Fornero”!!!)
Lo snodo per l’intervento sulle pensioni è la proroga di un anno di «Quota 103» (62 anni e 41 anni di contributi): sembra un vantaggio però c’è l’inganno perchè tuttavia chi aderirà nel 2024 avrà l’assegno decurtato due volte:
- L’intera pensione sarà calcolata con il sistema contributivo e non più con il sistema misto cioè vale a dire con il sistema retributivo sulle anzianità acquisite sino al 31 dicembre 1995 (31 dicembre 2011 se sussistono almeno 18 anni di contributi al 31.12.1995).
- La misura dell’assegno, come sopra calcolato, non potrà risultare superiore a 2.272€ euro lordi al mese (cioè quattro volte il trattamento minimo Inps) sino al compimento dell’età di 67 anni in luogo delle cinque volte attuali (cioè 2.840€).
Confermato l’incentivo al posticipo al pensionamento cioè la facoltà per l’assicurato di optare per la corresponsione in busta paga della quota di contribuzione IVS a suo carico (di regola il 9,19%).
Ovviamente chi ha maturato i requisiti di «Quota 103» entro il 31 dicembre 2023 mantiene le condizioni più favorevoli previgenti. In particolare il calcolo con il sistema misto.
L’Ozione donna viene confermata con le restrizioni attuali (cioè solo caregivers, invalidi 74% e disoccupate) a condizione che siano stati raggiunti 61 anni (ora 60 anni) e 35 anni di contributi al 31 dicembre 2023. Restano le riduzioni di un anno del requisito contributivo per ogni figlio sino ad un massimo di due anni e le finestre mobili di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.
L’Ape Social viene prorogata sino al 31 dicembre 2024 ma sale il requisito anagrafico: in luogo degli attuali 63 anni si potrà accedere allo strumento con almeno 63 anni e cinque mesi. Salta, inoltre, l’ampliamento delle categorie di lavoratori gravosi riconosciute dalla legge n. 234/2021 nel biennio 2022-2023 e le relative riduzioni contributive per edili e ceramisti. Viene, inoltre, aggiunta la regola, oggi assente, dell’incumulabilità totale della prestazione con i redditi di lavoro dipendente o autonomo ad eccezione del lavoro occasionale entro un massimo di 5.000€ annui. L’assegno è sempre calcolato col sistema misto ma con le limitazioni dell’importo massimo a 1.500 euro lorde mensili, senza tredicesima e senza gli adeguamenti dovuti all’inflazione fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia a 67 anni.
Penalizzazioni anche per quanto attiene alla rivalutazione delle pensioni, infatti si ha la seguente tabella che, agendo sul lordo pensione, penalizza e non poco coloro che riscuotono una pensione di circa 1700 euro netti, per non parlare delle pensioni più alte. In sostanza, per il pubblico impiego i soli ad avere una rivalutazione piena sono coloro che percepiscono una pensione di circa 1400/1500 euri netti.
LA NUOVA TABELLA
- 100%: vale per gli importi fino a circa 2.272 euro lordi mensili;
- 85%: vale per gli importi fino 2.840 euro lordi mensili;
- 53%: vale per gli importi fino 3.308 euro lordi mensili;
- 47%: vale per gli importi fino 4.544 euro lordi mensili;
- 37%: vale per gli importi fino 5.679 euro lordi mensili;
- 22%: vale per gli importi oltre i 5.680 euro lordi mensili.