Gli antefatti
Ad un anno ormai dall\’approvazione definitiva delle Indicazioni nazionali per il primo ciclo (DM 254/2012) sono state trasmesse con circolare 26 agosto 2013 n. 22 le “misure di accompagnamento”, che dovrebbero garantirne una attuazione informata e partecipata da parte dei docenti e delle scuole. Troppo spesso nella nostra scuola innovazioni importanti (ed i “programmi” relativi all\’intero primi ciclo dovrebbero esserlo) sono state preannunciate nei documenti ufficiali, ma poi abbandonate al loro destino senza adeguati supporti informativi e formativi per il personale. Sono sotto gli occhi di tutti la scarsa attenzione che negli ultimi anni è stata data alla formazione permanente degli insegnanti e l\’esiguità delle risorse ad essa destinata. Quindi sono da salutare come segno positivo, ed in controtendenza, la circolare ed il relativo documento di accompagnamento1 che avviano per il prossimo a.s. 2013-2014 un progetto di formazione rivolto alle scuole, associate in rete, con proposte -si spera- di carattere innovativo. C\’è solo da sperare che l\’azione possa usufruire di risorse più consistenti di quelle per ora messe a disposizione e che l\’iniziativa possa protrarsi per alcuni anni, per produrre effetti di una qualche consistenza.
D\’altra parte il ritardo nell\’uscita del piano, ”atteso” dalla scuola, si spiega con il difficile momento per la finanza pubblica che produce contraccolpi anche sulla scuola, e con alcuni passaggi tecnici che vanno ricordati:
- il testo definitivo delle Indicazioni è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale solo il 5 febbraio 2013 (anche se nel frattempo il MIUR ha fatto pervenire una copia delle Indicazioni a tutti gli insegnanti);
- la decorrenza nell\’attuazione è fissata al 1° settembre 2013 (anche se per le parti già previste dai POF la stessa decorre dall\’a.s. 2012-13, anche per ricordare che il testo non è radicalmente “nuovo”, ma una sostanziosa “revisione” delle stesure precedenti;
- l\’apposito comitato scientifico nazionale (CSN), che deve sovrintendere alle azioni formativo (oltre che occuparsi del monitoraggio e della verifica dell\’impatto delle Indicazioni) è stato istituito solo nel mese di marzo 20132.
Ora tutte queste condizioni si sono positivamente realizzate, e siamo anche in presenza di uno specifico impegno politico del neo-ministro all\’istruzione M.C.Carrozza, che nei suoi interventi programmatici di fronte alle Camere3, ha individuato nelle Indicazioni per il curricolo e nel relativo incremento delle dotazioni finanziarie per la formazione dei docenti, uno degli assi portanti della sua politica.
Vediamo allora, in sintesi, quali sono gli aspetti più qualificanti delle misure di accompagnamento con le quali le scuole dovranno misurarsi nei prossimi mesi di settembre e ottobre (a livello di progettazione).
Le caratteristiche del “piano”
Il progetto di accompagnamento ha una sua sobrietà. Non è più tempo di imponenti piani pluriennali di aggiornamento (come quelli che caratterizzarono gli anni \’80), sia perché le risorse non lo consentono, sia perché sta cambiando l\’idea di formazione in servizio (dalla frequenza più o meno passiva di corsi/lezioni di aggiornamento alla partecipazione a momenti di studio, di ricerca, di confronto e di applicazione, con la guida di un tutor piuttosto che di un c.d. “esperto” della materia). L\’idea, dunque, è quella di un “laboratorio di formazione” che si fa apprezzare per il carattere operativo, pratico, esemplificativo, delle esperienze vissute attivamente dai corsisti. Questo implica l\’abbandono dei grandi numeri in favore della formazione di piccoli gruppi “elettivi” (che scelgono volontariamente di partecipare), fidando in una successiva ricaduta tra i colleghi delle scuole di appartenenza.
Il modello deve poi tenere conto del nuovo contesto dell\’autonomia delle scuole, favorendone l\’aggregazione in rete, piuttosto che l\’autosufficienza.
Le misure di accompagnamento sono affidate alle scuole, e alle loro reti, in coerenza con il concetto di Indicazioni PER il curricolo (DM 254/2012), e non di Programmi, che rimanda alla centralità delle scelte e dell\’iniziativa degli operatori scolastici. Alla scuola viene richiesto non di applicare pedissequamente un programma didattico stabilito centralmente, ma di elaborare – attraverso il POF – un proprio curricolo, cioè una proposta formativa che rispetti gli essenziali elementi di prescrittività fissati dalle Indicazioni (riferiti in primo luogo ai traguardi di competenza) e li contestualizzi sui bisogni rilevati e sulle reali condizioni del fare scuola.
Il piano di formazione ha un suo sviluppo pluriennale, ma al momento sono certe solo le risorse reperite per il 2013 (che ammontano a 1,6 milioni di euro), largamente insufficienti per un\’azione di respiro, come quella prospettata nel documento del comitato scientifico nazionale (CSN). Dunque è prevedibile che in una prima fase, solo il 15-20% delle scuole possa vedere soddisfatta la propria richiesta di partecipazione (e di finanziamento).
Tuttavia, le misure di accompagnamento non si esauriscono nel semplice allestimento di corsi di formazione, sia pure in una ottica laboratoriale, ma comprendono una pluralità di azioni:
a) informazione e prima conoscenza del testo;
b) formazione, confronto, approfondimenti;
c) attivazione di gruppi di ricerca didattica;
d) azioni di monitoraggio e verifica;
e) documentazione degli esiti e disseminazione di buone pratiche.
Cosa potrebbe accadere nella mia scuola?
E\’ prevista una fase (obbligatoria) di informazione e formazione di primo livello, da realizzare per tutti i docenti come attività ordinaria di istituto e con le normali risorse umane e finanziarie a disposizione. In effetti, le Indicazioni sono elemento ordinatore delle molteplici azioni che una scuola deve mettere in atto per la definizione del proprio curricolo. Non si tratta dunque di una attività puramente formale.
Questo livello-base si gioca molto sulla capacità di leadership del dirigente scolastico, sulla piena attivazione del suo staff e di figure intermedie ad hoc, sulla valorizzazione dell\’iniziativa dei docenti e sulle buone pratiche già presenti in molte realtà.
L\’attività vera e propria di formazione si gioca, invece, a livello territoriale e scaturisce dal basso, infatti:
a) le scuole si aggregano spontaneamente in rete e presentano istanze di finanziamento (coinvolgendo istituti di diverso grado);
b) con i fondi si danno vita a laboratori di ricerca-formazione (4/5 laboratori per ogni rete, coinvolgenti ciascuno dai 15 ai 20 docenti, provenienti dalle scuole associatesi);
c) partecipano volontariamente docenti motivati, che poi si impegnano a svolgere un ruolo attivo nelle scuole di appartenenza;
d) la scelta dei temi di ricerca-formazione avviene a cura delle scuole, su un “paniere” che si riferisce ad aspetti disciplinari e/o trasversali necessariamente da intrecciare;
e) l\’attività formativa comprende obbligatoriamente piccole sperimentazioni didattiche che gli insegnanti conducono nelle proprie classi (e che poi verificano e confrontano).
Ogni rete che si candida alla formazione costituisce un gruppo di progetto, rappresentativo delle diverse componenti professionali, che elabora e supervisiona i percorsi formativi. La scelta dei formatori è affidata alle reti stesse. Gli USR possono mettere a disposizione elenchi di formatori/tutor/animatori segnalati da associazioni e/o operanti in progett formativi nazionali e/o locali.
Per ogni docente partecipante si può ipotizzare un impegno formativo di circa 25 ore in un anno (pari ad un credito formativo, simile a quello universitario), comprensivo di momenti in presenza, sperimentazioni in classe, studio e documentazione, con una moderata attività on line.
Le risorse finanziarie a disposizione vengono “spalmate” su gruppi limitati di scuole (ad esempio, si potrebbero assegnare 4.000 euro per una rete standard di 4-5 scuole) per azioni formative di secondo livello, cioè rivolte a gruppi limitati di docenti (ad esempio, un quinto dei docenti appartenenti alle scuole consorziate. Ci si aspetta che un piccolo gruppo di docenti “formati” e fortemente motivati possa rappresentare uno stimolo alla costituzione di una più vasta comunità professionale4 e quindi fattore di innovazione.
Dunque, per l\’a.s. 2013-14, è ipotizzabile l\’attivazione di circa 300 reti di scuole su un universo potenziale di circa 1.200 reti. In una ottica di sviluppo pluriennale e con l\’arrivo di ulteriori fondi si potrà pensare di coinvolgere progressivamente tutte le scuole, accompagnando quelle che hanno realizzato la prima fase in momenti di ulteriore approfondimento.
La scelta dei contenuti da approfondire
Un piano di carattere nazionale che però rispetta ed interpreta l\’autonomia delle scuole non può imporre contenuti prescrittivi. Si tratta però di affrontare le questioni nodali proposte dalle “nuove” Indicazioni, sia nelle sue componenti disciplinari, sia negli aspetti più trasversali5.
È superfluo chiedersi se la precedenza spetti agli uni o agli altri, perché i temi sono strettamente intrecciati: ogni disciplina del curricolo nazionale (sono dieci, senza considerare i cinque campi di esperienza della scuola dell\’infanzia) presenta certamente contenuti significativi, repertori di conoscenze e concetti, linguaggi specifici, dispositivi metodologici ed ermeneutici. Per questo le Indicazioni Nazionali sono strutturate per discipline: alcune sono forse più “portanti” di altre (pensiamo al valore veicolare di lingua e matematica), ma ciascuno offre materiali e strumenti per l\’educazione al pensare e al comprendere (nel senso “bruneriano” dei termini). Le Indicazioni ne propongono una rivisitazione che accentua il loro valore “formativo”, con una più chiara progressione verticale, con una più sicura definizione dei traguardi e con ragionevoli obiettivi intermedi di apprendimento. Scompare la delimitazione in aree, ma viene confermato il valore didattico dell\’aggregazione delle discipline in ambiti, per fare risaltare maggiormente la forza maieutica dell\’incontro che avviene a scuola tra ragazzi e saperi6.
Ma questa analisi delle discipline (ognuna con le sue continuità e discontinuità) sarebbe monca, se non corroborata dalla riflessione pedagogica tipica della tradizione della nostra scuola di base, oggi in via di ripensamento. Il testo segnala alcuni punti di attenzione, quali il curricolo verticale, la didattica per competenze, l\’ambiente di apprendimento, la valutazione “formativa”, elementi capaci di qualificare la nuova proposta didattica, vista nel suo concreto svolgersi in classe. Ma non vanno sottaciute le questioni di (s)fondo: l\’attenzione ai soggetti (alle persone), l\’approccio interculturale, la dimensione dell\’inclusione, la costruzione della cittadinanza.
Un percorso formativo appropriato, e le note ministeriali insistono su questo, può avere indifferentemente un focus sulle discipline o su temi trasversali, ma ciascun ambito dovrà intrecciarsi con l\’altro, proprio per segnalarne la stretta interdipendenza. All\’atto di progettare i corsi sarà infatti necessario “toccare” contemporaneamente temi disciplinari e trasversali: se ad esempio una rete intende specializzarsi e fare ricerca sulla “matematica” dovrà leggerla alla luce di qualche risvolto pedagogico significativo (es. la verticalità, la gestione della classe, la didattica per competenze, ecc.) e viceversa.
La regia a livello regionale?
La regia complessiva dell\’intera operazione avviene a livello regionale. Spetta all\’Ufficio Scolastico Regionale (USR) “stendere” le reti e favorire la realizzazione delle attività formative, anche grazie all\’apporto di un apposito staff operativo che dovrebbe rappresentare le diverse istanze (dirigenti, insegnanti, ispettori, associazioni, università).
Ogni USR usufruisce di una quota del budget (non superiore al 15% di quello assegnato) per sviluppare azioni di supporto formativo verso le scuole, in una duplice direzione:
a) seminari brevi per dirigenti, circa i loro compiti nelle misure di accompagnamento, ed i nodi pedagogici, disciplinari ed organizzativi delle Indicazioni/2012;
b) seminari di approfondimento per formatori/tutor/animatori dei laboratori, prevalentemente di carattere disciplinare e pluridisciplinare;
Le azioni regionali dovranno garantire la “tenuta” delle azioni informative curate ordinariamente dalla scuola. A tal fine sono programmate conferenze di servizio territoriali per dirigenti, a fine settembre, in vista della predisposizione delle richieste da parte delle scuole (ottobre 2013).
È previsto ai vari livelli (nazionale, regionale, di rete) la collaborazione delle associazioni professionali e disciplinari. Si auspica inoltre il coinvolgimento di enti locali e università, anche per aumentare il budget delle risorse disponibili per la formazione.
Qualcosa in più di una speranza
Siamo tutti consapevoli che non bastano le “nuove” Indicazioni, né una “stagione” (più o meno consistente) di formazione in servizio per risolvere i molteplici problemi che coinvolgono la nostra scuola di base, con rischi di involuzione e impoverimento, a fronte delle grandi tradizioni pedagogiche e del credito sociale di cui ancora dispone7.
Quella delle Indicazioni è però un\’occasione imperdibile per riaffermare il valore e la funzione delle formazione di base, per tutti gli allievi dai 3 ai 14 anni, per aggiornarne i riferimenti culturali e sociali, per adattare metodi e strumentazioni didattiche alle nuove condizioni dell\’infanzia e dell\’adolescenza.
Giancarlo Cerini