INTERVENTO DEL PROF. MAURIZIO MURAGLIA CHE RITENIAMO NECESSITI DI UNA ATTENTA LETTURA DA PARTE DI TUTTI: DAI DIRIGENTI AI DOCENTI ALLE FAMIGLIE.
Una minindagine informale a campione su un gruppo di dirigenti e docenti di mia conoscenza che agiscono sul territorio nazionale mi induce a segnalare la compulsività didattico-digitale che sta contagiando svariati docenti in questo periodo. Grida di dolore giungono dal fronte dei genitori delle scuole primarie, ma anche da alunni delle secondarie, massacrati da incursioni prive di qualsiasi rispetto per l’orario di servizio. Pare che non paia vero, a tanti Nembo Kid della didattica digitale, di surrogare l’impulso enciclopedico, nozionistico e pedantesco – già da essi stessi nocivamente praticato in presenza – con l’immissione in piattaforma di materiali, percorsi, esercizi, links di ogni genere. Quando non di cosiddette videolezioni che dal punto di vista della pedanteria differiscono da quelle in presenza solo per il canale utilizzato. É evidente che scompare nelle piattaforme la deterrenza prodotta dai volti dei bambini e dei ragazzi in presenza. Quella deterrenza che fa di solito da termostato dell’ansia enciclopedica e valutativa che abita il burocrate presente in ogni insegnante.
Questa schiera di docenti (tra cui maestre!) rischia di diventare il virus che tenuto fuori dalla porta rientra dalla finestra. Non è la schiera dei pigri. Magari lo fossero, é il caso di dire! É la schiera degli zelanti digitali, genìa molto più pericolosa dei semplici insegnanti tradizionalisti, nostalgici e antidigitali. Condisci il trasmissivo nozionistico, che é nel loro DNA, di digitale, e in assenza di corpi – quindi di emozioni – avrai la catastrofe dell’apprendimento. Come dire che il mezzo digitale non può rendere significativo un contenuto non significativo per gli allievi. Ma c’è di più. Si tratta qui anche di insensibilità. Perché non si comprende che per tutti prima dei compiti c’è la paura. La tristezza. Che ha bisogno di adulti capaci, soprattutto in questo momento, di rivestire anche la conoscenza di umanità e di leggerezza.
Fatta questa premessa, anzi, alla luce di questa premessa, dico quel che mi parrebbe sensato fare a distanza con i ragazzi a partire da questa minimale –scheda (CLICCA SOPRA PER SCARICARE) attorno a cui potrebbe ruotare la loro attività domestica. Una scheda da riprodurre per ogni unità formativa che, utilizzata da tutti i docenti chessò di un consiglio di classe come format, potrebbe dare ai discenti il senso dell’omogeneità comunicativa e metodologica. Già collaudata da qualche docente in qualche scuola, sta riscuotendo molto gradimento e “serenità cognitiva” da parte dei ragazzi stessi. Ovviamente attorno ad essa possono ruotare altre forme di presenza nella vita scolastica degli alunni, come piccole clip (non più di 15 minuti) in cui l’insegnante può supportare la stessa scheda con brevi linee guida, o ancora può fare qualche inquadramento riepilogativo sugli apprendimenti realizzati. Si tratta di leggeri interventi che marcherebbero, anche su un piano simbolico, la presenza pedagogica di chi insegna. Ripeto: su un piano simbolico. Che é quel che più serve. Di questi tempi.
La scheda nasce da una riflessione sull’essenziale dell’insegnare e dell’imparare, e cerca di rispondere alle seguenti sette domande di base:
- Qual è la cornice generale di quel che devo imparare?
- Quali sono gli argomenti essenziali a cui si lega quel che devo imparare?
- In quanto tempo sono chiamato a mostrare che ho saputo fare quello che mi si chiede?
- Cosa vuole il mio insegnante che io, specificamente, impari? O impari a fare?
- Si tratta di argomento noto oppure di novità?
- Quali suggerimenti metodologici mi dà per affrontare il compito?
- Quali eventuali approfondimenti mi suggerisce, qualora voglia saperne di più?
Tutto ciò si verifica anche in presenza, e si verifica in forme spesso implicite o rese superflue dalla condizione de visu. Qui diventano esplicite e strutturanti (e su questo inatteso indotto virtuoso mi riservo di tornare in un prossimo post). É evidente che il canale col docente va mantenuto aperto. Ma a mio parere non bisogna disorientare. Pertanto regola aurea sarebbe farsi vivi nei giorni in cui l’orario di servizio prevede la presenza, perché i ragazzi si nutrono di ritualità. Per gli stessi motivi le piattaforme non dovrebbero essere diverse da docente a docente, perché qui non è questione di dimostrare di essere abili nella didattica digitale e di far vedere quanto si é innovativi, ma di permettere ai bambini e ai ragazzi di tenere vivi gli apprendimenti, col giusto dosaggio.
Non occorrono virtuosismi. Per il semplice fatto che il virtuosismo tecnologico rischia di disorientare. Non occorre dismettere i libri di testo. Rappresentano sempre dei riferimenti realisticamente ineludibili. Non occorre esaltarsi con verifiche e valutazioni. Perché la priorità non è questa, e comunque diverrebbe molto problematico stabilire la vera paternità di un elaborato fatto in assenza del docente. Insomma, l’invito è quello di non pensare che adesso occorrano effetti speciali. E di ricordarsi che, per quanto elettronica, la videolezione rimane una lezione, e se é noiosa resta tale, con sommo gradimento dei ragazzi che possono far finta di seguire esattamente come in classe.
In ultima analisi occorre in modo concreto ed essenziale tenere vivi gli apprendimenti, e far sentire soprattutto ai ragazzi che quel che sta avvenendo è solo il frutto di un’emergenza e non il sopraggiungere delle magnifiche sorti e progressive.