Se in un periodo delicato e denso di tante preoccupazioni la gente deve assistere a questo teatrino di reciproche accuse e “scaricabarile” fra il governo e il presidente Emiliano, allora è anche evidente che siamo sul punto di una crisi delle istituzioni che, viceversa, proprio ora doveva e deve trovare un punto di incontro, chiarezza, serietà per dare serenità a tutti.
Proprio sulla scuola si sta giocando questo “teatrino” ignobile perchè tale è.
L’ordinanza regionale è o non è più in vigore dopo la pubblicazione del DPCM ?
La scarsa serietà del governo e del governatore Emiliano sta producendo sgomento non solo fra le famiglie ma sta mandando in “tilt” il già difficile momento di svolgimento del servizio scolastico da parte dei Dirigenti e DSGA, con tutto quello che ne deriva per il personale docente e, soprattutto, per gli studenti e famiglie.
SERIETA’ E COERENZA QUESTO CHIEDE LA GENTE, MA CONTE ED EMILIANO SEMBRANO PIU’ INTERESSATI A FARSI GUERRA “IN CAMPO PER NEUTRO E SULLA PELLE DELLA SCUOLA”: E’ UNA VERGOGNA.
PER ORA CI DOBBIAMO ACCONTENTARE DI UN LACONICO COMUNICATO STAMPA, PILATESCO E SENZA SENSO, APPARSO SUL SITO DELL’UST DI FOGGIA-CLICCA QUI
Per quanto ci riguarda volendo metterla più sul piano giuridico riteniamo che il valore del DPCM assurga a ruolo primario rispetto all’ordinanza regionale, sia rispetto alla gerarchia delle fonti sia perchè emanata temporalmente dopo l’ordinanza regionale.
Infatti, la norma del DPCM sulla riapertura delle scuole nel segmento dell’infanzia e primo ciclo stabilisce una valenza su tutto il territorio nazionale.
Ebbene, ove Emiliano propendesse per far valere ancora la sua precedente ordinanza, per ragioni di urgenza, dovrebbe emanare una nuova ordinanza.
L’art. 3 co. 2, del D.L. 6/2020 ha legittimato i Presidenti regionali e i sindaci ad esercitare, anche nella fase emergenziale in atto, il potere di emanare ordinanze in materia sanitaria, sulla base di alcune fonti di rango primario preesistenti, ovverosia:
a) per quanto riguarda i Presidenti regionali, ai sensi dell’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, che consente, in materia di igiene e sanità pubblica, di adottare ordinanze contingibili e urgenti con efficacia estesa alla Regione o a parte del suo territorio;
b) per quanto concerne il sindaco, anch’egli sulla base della Legge n. 833/1978, ma anche, in quanto rappresentante della comunità locale, ai sensi dell’art. 117 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e dell’art. 50 del Testo unico degli enti locali, norme queste ultime che, in maniera sostanzialmente analoga, autorizzano l’emanazione di ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie.
Tuttavia, per evitare il rischio che i DPCM fossero “travolti”, senza coordinamento e controllo, dalle ordinanze contingibili e urgenti delle Regioni e dei Comuni, così da generare un deleterio clima di incertezza, l’art. 3, co. 2, ha cercato di circoscriverne il perimetro di utilizzabilità, stabilendo che le misure emergenziali potessero essere adottate, oltre che con DPCM, anche tramite le ordinanze sopra citate, ma a due condizioni cumulative:
a) solamente «nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Con-siglio dei ministri»;
b) nei soli casi di «estrema necessità e urgenza»[3].
È stata sancita, inoltre, la perdita di efficacia delle medesime ordinanze in caso di omessa comunicazione al Ministro della salute entro 24 ore dalla loro adozione. Se si esclude l’obbligo di comunicazione più sopra richiamato, l’art. 3 del decreto-legge n. 6/2020 aveva lasciato, in sostanza, alla responsabilità dei Presidenti di Regione e dei sindaci, senza altre misure di coordinamento, l’apprezzamento in merito alle ulteriori misure adottabili in sede locale, producendo una pletora di provvedimenti, numerosi dei quali appaiono privi dei requisiti richiamati. gli argini tracciati dall’art. 3, co. 2, del d.l. n. 6/2020 non hanno retto al profluvio di ordinanze regionali e comunali dal contenuto più vario generando non pochi dubbi in merito alla legittimità di tali provvedimenti emergenziali e, dal punto di vista dei destinatari, in relazione alla difficoltà di individuare i comportamenti vietati e quelli permessi.
Al fine di assicurare la reductio ad unum del regime giuridico nazionale e regionale, gli artt. 2 e 3 del D.L. N.19/2020 hanno introdotto limiti stringenti al potere di adottare ordinanze regionali e comunali.
Per quanto concerne le ordinanze regionali, l’art. 2, co. 2, d.l. 19/2020, ha previsto che, nelle more dell’adozione dei DPCM e con efficacia limitata fino a tale momento, la competenza ad adottare atti, in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute, è del Ministro della salute (ai sensi dell’art. 32, l. 833/1978), e non più del Presidente della Regione e del sindaco.
Al Presidente della Regione, invece, compete:
- dare un parere sugli schemi di DPCM, se lo stesso è di interesse della propria Regione;
- proporre l’adozione di un DPCM;
- introdurre misure ulteriormente restrittive (tra quelle di cui all’art. 1, co. 2, d.l. 19/2020), esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, ma solo nelle more dell’adozione del DPCM e con efficacia limitata fino a tale momento (art. 3, co. 1, d.l. 19/2020)[4].
Il decreto-legge, tuttavia, non stabilisce un termine ultimo di efficacia delle ordinanze regionali adottate “nelle more”. Di conseguenza, si assiste alla perdurante pubblicazione di ordinanze regionali la cui efficacia nel tempo è circoscritta al momento di entrata in vigore del futuro DPCM.
ORA PROPRIO PERCHE’ L’ORDINANZA REGOLA IN ATTESA DEL DPCM, APPARE EVIDENTE CHE L’ADOZIONE E LA PUBBLICAZIONE DEL DPCM FA DI FATTO CADUCARE LA VALIDITA’ DELL’ORDINANZA