Il 19 novembre 2019 fu sottoscritta l’intesa tra il MIUR e le cosiddette Organizzazioni Sindacali rappresentative della scuola sul tema della formazione in servizio del personale scolastico. La sottoscrizione dell’Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo ha costituto la prima applicazione delle novità introdotte dal CCNL 2018 che, con l’art.22 commi 4 e 8, ha sostanzialmente riportato la materia della formazione in servizio del personale tra quelle oggetto di contrattazione nazionale integrativa (per quanto riguarda i “criteri generali di ripartizione delle risorse”) e di confronto (per quanto attiene agli “obiettivi e le finalità della formazione”).
Appare evidente che i contenuti dell’accordo, non si inseriscono solo nell’ambito apparentemente neutro, e solo amministrativamente rilevante, ricompreso nei “criteri generali di ripartizione delle risorse”; infatti viene a modificarsi in modo sostanziale il modello di governance del Sistema della formazione in servizio dei docenti promosso con il Piano Triennale della Formazione 2016/19 e messo in atto nell’ultimo triennio, modello, come è noto, centrato sulle Reti territoriali di ambito e relative “scuole polo”.
Il CCNI sulla formazione torna ad attribuire la centralità del sistema – la “programmazione e la concreta gestione delle attività di formazione in servizio” – alla singola istituzione scolastica, oltre che alle “reti di scuole”. Le reti però non sono più, quelle “reti territoriali di ambito” ma “reti di scopo”, eventualmente e liberamente promosse in forma di aggregazione autonomamente determinata dalle scuole con specifico, e non causale, riferimento all’art.7 c. 2 del DPR 275/99.
Diversamente dal recente passato, nel quale i finanziamenti venivano integralmente attribuiti alle scuole polo d’ambito per progettare e realizzare attività formative per conto delle scuole della rete, il nuovo Contratto Integrativo prevede che, di tutte le risorse finanziarie disponibili annualmente, una quota del 60% sia distribuita direttamente alle istituzioni scolastiche, declaratoria di principi.
Proprio tale accordo ha reso centrale il ruolo del Collegio dei docenti nella definizione del Piano di formazione di Istituto ma suggerisce anche prospettive operative innovative che, superando la tradizionale e riduttiva impostazione dell’elenco dei corsi di aggiornamento da realizzare, valorizzino “iniziative di autoformazione, di formazione tra pari, di ricerca e innovazione didattica, di ricerca-azione, di attività laboratoriali, di gruppi di approfondimento e miglioramento”, oltre che ogni forma di aggiornamento individuale, del quale, assai opportunamente, si sottolinea la necessaria coerenza con il Piano di Formazione di Istituto.
Ebbene, avuto proprio riguardo al contratto integrativo si evidenzia che tale accordo non analizza nè disciplina la questione della “obbligatorietà” della formazione in servizio dei docenti introdotta, come è noto, dal comma 124 della Legge 107/2015.
Ciò detto, appare evidente che la formazione del personale della scuola, alla luce del CCNL 2016/2018 e dell’intesa raggiunta il 19 novembre 2019, ritorna ad essere materia di contrattazione a livello nazionale e di singola scuola per quanto riguarda i criteri generali di ripartizione delle risorse, mentre è materia di confronto, a livello nazionale e regionale per quanto riguarda gli obiettivi e le finalità; di singola istituzione scolastica per ciò che riguarda i criteri per la fruizione dei permessi
A questa analisi contrattuale della formazione, poi, dobbiamo aggiungere che la Corte di Cassazione si è espressa (sentenza 7320/19) in merito alla formazione dei docenti, divenuta obbligatoria in seguito alla previsione dell’articolo 1, comma 124, della legge n. 107/2015.
La sentenza della Corte ha prima delineato gli obblighi del personale docente, ossia attività di insegnamento e attività funzionali per poi trattare la problematica sottoposta alla sua attenzione. A tal fine si ribadisce che è l’articolo 29 del CCNL 2007, confermato dal Contratto 2016/18, a indicare quali sono le predette attività funzionali e quante ore sono destinate alle medesime.
Le attività funzionali sono di carattere individuale e collegiale.
Tra gli adempimenti individuali rientrano le attività relative a:
- preparazione delle lezioni e delle esercitazioni;
- correzione degli elaborati;
- rapporti individuali con le famiglie.
Le attività di carattere collegiale sono costituite da:
- partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti, ivi compresa l’attività di programmazione e verifica di inizio e fine anno e l’informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali e sull’andamento delle attività educative nelle scuole materne e nelle istituzioni educative, fino a 40 ore annue;
- partecipazione alle attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse, di intersezione, fino a 40 ore annue.
Partendo, quindi dall’esame di tale articolo, mai modificato, i Giudici della Corte evidenziano, pertanto, che le attività dei docenti non si esauriscono in quelle di insegnamento, ma comprendono anche “programmazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione …”. Dal quadro delineato dalla Cassazione, si evince chiaramente che le attività di formazione rientrano nelle 40 ore destinate agli impegni di carattere collegiale e, per l’effetto, le eventuali ore eccedenti le 40 stabilite dal CCNL, sono retribuite con il Fondo di istituto (oggi Fondo unico per il miglioramento dell’offerta formativa) come attività aggiuntive di non insegnamento (art. 88, comma 2, lettera “d”), con il compenso orario di € 17,50.
Abbiamo dovuto necessariamente fare questa dettagliata premessa, perchè è passato sotto silenzio, l’ingerenza legislativa ( su una precisa materia, quale quella della formazione, che attraverso il CCNL e intesa del 2019 era stata ricondotta nell’alveo della contrattazione), attraverso cui con l’art. 1 comma 961 della Legge di Bilancio 2021 viene introdotta la formazione obbligatoria per i docenti non specializzati che insegnano in classi in cui sono presenti alunni con disabilità.
Il Ministro Bianchi, ha sottoposto già alle OO.SS. cosiddette rappresentative, le modalità attuative, presentando la bozza del modello di formazione che, per l’anno scolastico 2021/2022, inserisce l’obbligo di formazione di tutti i docenti che hanno nelle proprie classi alunni disabili, in totale circa 700.000 insegnanti.
L’unità formativa sarebbe costituita da 25 ore e non è consentito l’esonero dal servizio. Sono stabiliti inoltre i criteri di riparto, le condizioni per riservare la formazione al solo personale non in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno, la determinazione delle unità formative, comunque non inferiori a 25 ore di impegno complessivo, nonché i criteri e le modalità di monitoraggio delle attività formative.
La formazione potrà essere sviluppata in:
- formazione in presenza e/o a distanza
- sperimentazione didattica documentata e ricerca/azione
- lavoro in rete
- approfondimento personale e collegiale
- documentazione e forme di restituzione/rendicontazione
- progettazione.
Per ciascuna unità formativa sarà necessario garantire un minimo di 17 ore di formazione in presenza e/o a distanza (punto a) e 8 ore di approfondimenti.
In particolare, si conferma quanto già stabilito nella norma primaria:
- Si tratta di una formazione obbligatoria destinata a tutti gli insegnanti (non specializzati) nelle cui classi è presente un alunno con disabilità.
- Sono esonerati i docenti in possesso di titolo di specializzazione su sostegno.
- La formazione deve essere erogata per un monte ore minimo di 25 ore.
- Non son previste forme di esonero dall’insegnamento, ragione per cui tale formazione andrà svolta in orario extrascolastico. Al riguardo, la relazione tecnica allegata alla Legge di bilancio presentato in prima lettura precisa che tale previsione è motivata dall’esigenza di non generare costi aggiuntivi connessi alle sostituzioni del personale che frequenta i corsi di formazione.
Di tutto questo, le sempre cosiddette OO.SS rappresentative, ben si sono guardate dall’evidenziare al Ministro che le 25 ore rientrando nelle attività funzionali all’insegnamento e devono essere retribuite nel caso in cui le 40 ore previste dal CCNL 2016/2018 art. 29 siano assolte per tutti gli altri impegni previste dalla fonte contrattuale (e molto ma molto spesso anche oltre), ben si sono guardate dal sottolineare che la materia essendo definita contrattualmente non può essere retrocessa a semplice informazione e disciplinata unilateralmente, ben si sono guardate dal ricordare che i docenti in questi due anni scolastici si sono dovuti calare in una gestione della didattica del tutto diversa con auto-formazione e gestendosi in autonomia senza nessun supporto del ministero, ben si sono guardati che il prossimo anno scolastico sarò ancora più impegnativo in quanto, sperando che si possa svolgere tutto in presenza, richiederà intensi interventi, ivi comprese attività di recupero sin dal 1^ settembre, per compensare quanto successo in questi 2 anni scolastici, INSOMMA BEN SI SONO DIMENTICATI CHE IL RUOLO DEL SINDACATO E’ QUELLO DI DIFESA DEI LAVORATORI E DELL’ORARIO DI LAVORO. ASSISTIAMO, INVECE, A OO.SS., COSIDDETTE RAPPRESENTATIVE, CHE CON ACCONDISCENDENZA SI SIEDONO AL TAVOLO CON IL MINISTRO E NE CONDIVIDONO LA VIOLAZIONE CONTRATTUALE (CHE ESSE STESSE HANNO FIRMATO) E L’IMPOSIZIONE DATORIALE DI AGGIUNGERE ALTRO LAVORO PER IL PERSONALE DOCENTE, FRA L’ALTRO, NON RETRIBUITO E NON CONCORDATO SULLE MODALITA’ DI SVOLGIMENTO, AGGIUNGENDO ALTRO ORARIO OBBLIGATORIO CHE VIENE SOTTRATTO ALLE 40 ORE DI ATTIVITÀ FUNZIONALI E AGGIUNTO A PARTE SENZA RETRIBUZIONE.