È stato pubblicato il bando per il Concorso all’Agenzia delle Entrate 2023: ecco quali sono i requisiti e come partecipare.
Il concorso mette a disposizione 4500 nuovi posti, così suddivisi:
• 3970 posti come funzionario tributario;
• 530 posti come funzionario adibito ai servizi di pubblicità immobiliare.
I funzionari tributari svolgeranno attività di tipo amministrativo, come controllare le dichiarazioni dei contribuenti e riscuotere i versamenti omessi, accertare e riscuotere le imposte dovute, e vigilare sull’osservanza degli obblighi.
Mentre i funzionari di servizi di pubblicità immobiliare si occuperanno di eseguire le formalità e le ipoteche, rilasciare l’ispezione ipotecaria e svolgere attività di monitoraggio nei casi di rifiuto o riserva dei conservatori.
Tutti i posti sono a tempo pieno e indeterminato. I vincitori del concorso saranno assunti con un periodo di prova della durata di quattro mesi, ma non dovranno effettuare alcun tirocinio.
Per il profilo di funzionario tributario, i candidati dovranno essere in possesso della laurea triennale, in uno dei seguenti indirizzi:
scienze dei servizi giuridici, scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione, scienze politiche e delle relazioni internazionali, scienze economiche o scienze dell’economia e della gestione aziendale.
Sarà possibile accedere anche con un diploma di laurea, una laurea specialistica o magistrale in giurisprudenza, scienze politiche o in economia e commercio.
Per quanto riguarda, invece, il profilo di funzionario di servizi di pubblicità immobiliare, sarà richiesta una laurea di tipo giuridico. Non è previsto alcun limite di età per partecipare.
Per poter partecipare, occorrerà inviare la domanda, esclusivamente in via telematica, tramite il Portale InPA. Per potervi accedere, bisognerà essere in possesso dello Spid o di una Pec. Le domande potranno essere inoltrate entro e non oltre il 26 agosto 2023.
Diritto al congedo per grave disabilità anche per il convivente “di fatto”
Lo afferma la Corte Costituzionale in una recente pronuncia: anche il convivente “di fatto” ha diritto al congedo per grave disabilità.
Al centro del dibbattito il Dlgs 105/2022, che ha apportato significative modifiche alla disciplina dei congedi parentali e esteso la durata complessiva del diritto sia con riguardo alla durata temporale dell’astensione indennizzata, sia con riguardo all’età del bambino per il quale viene fruito il congedo.
Il caso pertanto inizia con un dipendente che ha presentato un ricorso prima che il Dlgs 105/2022 entrasse in vigore (la data di entrata in vigore del decreto è 13 agosto 2022). Ha chiesto all’Inps di ottenere un periodo di congedo speciale secondo l’articolo 42, comma 5, del Dlgs 151/2001 per prendersi cura della sua compagna convivente, che è portatrice di handicap e si trova in una situazione grave.
L’Inps ha respinto la richiesta del dipendente, sostenendo che la legislazione (valida al momento della richiesta) non equiparava la posizione del “convivente di fatto” a quella del coniuge. Secondo la legge 76/2016 il coniuge e la parte dell’unione civile sono considerati equivalenti per quanto riguarda le disposizioni di legge relative al matrimonio, ma non è stata stabilita alcuna equivalenza a favore del “convivente di fatto”.
In sintesi i giudici della Consulta hanno evidenziato che la nuova legge ha avuto un impatto significativo sul quadro legale di riferimento, eliminando ogni dubbio riguardo alla legittimità costituzionale del diritto per il convivente more uxorio di usufruire del congedo speciale menzionato.
La Corte costituzionale ha osservato che, dopo la presentazione dell’istanza, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge Dlgs 105/2022, che ha riformulato l’articolo 42, comma 5, del Dlgs 151/2001, equiparando il “convivente di fatto” al coniuge convivente, per quanto riguarda il diritto di usufruire del congedo straordinario per assistere un congiunto con disabilità grave.
La Corte costituzionale ha pertanto sottolineato che questa modifica ha avuto un impatto significativo sulla normativa vigente, integrando il contenuto della disposizione precedentemente criticata e rispondendo così al dubbio sollevato riguardo alla sua legittimità costituzionale.