Volentieri pubblichiamo due interessanti contributi di AGATA GUELI* e Rita FAZIO Dirigente scolastica Istituto comprensivo, via Regina Elena, Civitanova Marche pubblicati sulla rivista SCUOLA 7 relativamente alla O.M. del 10 gennaio 2025 con la quale il Ministro ha introdotto nuovo sistema di valutazione nella scuola primaria
Le novità della riforma sulla valutazione di Agata Gueli
Negli scorsi giorni il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha firmato l’Ordinanza Ministeriale che, a norma della Legge 150/2024, disciplina le modalità della valutazione periodica e finale degli apprendimenti della scuola primaria e le modalità della valutazione periodica e finale del comportamento della scuola secondaria di primo grado. Le nuove disposizioni entrano in vigore con l’ultimo periodo del vigente anno scolastico e le scuole, nel corso del secondo quadrimestre, dovranno adeguare i criteri di valutazione presenti nel PTOF e nei registri elettronici per potere applicare il disposto dell’Ordinanza negli scrutini finali. Il Ministro Valditara nel presentare la riforma ha precisato che si tratta di un processo che permetterà una maggiore chiarezza nella comprensione del percorso formativo degli alunni e al tempo stesso migliorerà la comunicazione con le famiglie.
La novità più importante riguarda l’introduzione dei giudizi sintetici al posto dei livelli, previsti dall’Ordinanza del 2020.
Dai giudizi descrittivi ai giudizi sintetici
A decorrere dall’anno scolastico 2024/2025 la valutazione periodica e finale degli apprendimenti viene espressa attraverso giudizi sintetici correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento. I giudizi sintetici che saranno riportati nel documento di valutazione per ciascuna disciplina del curricolo sono: ottimo, distinto, buono, discreto, sufficiente, non sufficiente. A tal proposito l’ordinanza è infatti corredata dall’allegato Ain cui ogni giudizio sintetico è accompagnato da una dettagliata descrizione. Si precisa inoltre che le istituzioni scolastiche possono riportare nel documento di valutazione i principali obiettivi di apprendimento previsti dal curricolo di istituto per ciascuna disciplina. Le istituzioni scolastiche elaborano i criteri di valutazione, da inserire nel piano triennale dell’offerta formativa, declinando anche per ciascun anno e per ogni disciplina la descrizione dei livelli di apprendimenti correlati ai giudizi sintetici.
Come agevolare il passaggio alle nuove regole
Per facilitare il passaggio alla nuova forma di valutazione e consentire alle istituzioni scolastiche di adeguare i criteri, i registri elettronici e i documenti di valutazione, le disposizioni stabilite si applicheranno a partire dall’ultimo periodo in cui è suddiviso l’anno scolastico (mentre per il primo quadrimestre restano valide le precedenti disposizioni). La valutazione in itinere rimane espressa nelle forme che il docente riterrà più opportune, tenendo sempre presente la piena chiarezza e comprensione dei livelli di padronanza dei contenuti verificati. In riferimento alla valutazione degli apprendimenti degli alunni con disabilità la valutazione terrà conto degli obiettivi individuati nel PEI; analogamente per gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento, la valutazione terrà conto degli obiettivi individuati nel PDP.
Per quanto attiene agli alunni della scuola secondaria di primo grado, il comportamento, così come specificato all’art. 5 dell’Ordinanza, sarà espresso in decimi. Se in sede di scrutinio finale il voto è inferiore a sei decimi l’alunno non sarà ammesso alla classe successiva.
Il precedente quadro normativo di riferimento
Nell’anno scolastico 2020/2021, complice la pandemia, è stata cambiata la valutazione periodica e finale nella scuola primaria. Di seguito i documenti di riferimento:
- Ordinanza 172 del 4 dicembre 2020 – Ministero dell’Istruzione
- Linee guida per la formulazione dei giudizi descrittivi nella valutazione periodica e finale della Scuola primaria – Ministero dell’Istruzione
In ragione delle novità allora introdotte, la valutazione periodica e finale nella scuola primaria è stata espressa attraverso un unico voto in decimi per ogni disciplina e poi completata da un giudizio descrittivo globale dell’alunno in riferimento al comportamento, alle relazioni con i compagni e gli insegnanti, all’impegno, alla cura, al senso di responsabilità etc…
Il documento di riferimento rimanevano le Indicazioni Nazionali del 2012, dove è specificato che: “la valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. […] Assume una preminente funzione formativa. La valutazione, inoltre, promuove l’autovalutazione di ciascuno in relazione all’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze”. In quest’ottica la valutazione è al servizio dell’apprendimento. Partendo dalle Indicazioni, le scuole poi declinano nel curricolo d’istituto e successivamente nella programmazione di ogni singola classe gli obiettivi rispetto ai quali esprimere la valutazione.
Negli obiettivi, infatti, trovano posto sia il processo cognitivo che gli alunni devono mettere in atto, sia il contenuto disciplinare. Si valuta poi il livello di acquisizione dei singoli obiettivi di apprendimento per ciascun alunno, attraverso i livelli: avanzato, intermedio, base, in via di acquisizione. Accanto agli obiettivi trovano posto i criteri per descrivere gli apprendimenti denominati dimensioni: autonomia, continuità, tipologia della situazione, risorse mobilitate. Altre dimensioni potevano essere elaborate in seno al collegio dei docenti.
Da quale prospettiva si partiva
L’introduzione dei giudizi descrittivi si inquadrava, nello spirito della legge, in una prospettiva di valutazionepreminentemente formativa,che accompagna i processi di apprendimento.
L’ottica è quella della valutazione per l’apprendimento, che ha carattere formativo poiché le informazioni rilevate sono utilizzate anche per adattare l’insegnamento ai bisogni educativi concreti degli alunni e ai loro stili di apprendimento, modificando le attività in funzione di ciò che è stato osservato e a partire da ciò che può essere valorizzato. Gli insegnanti sono chiamati quindi ad attivare un processo sinergico e circolare fra attività di progettazione e processi di valutazione.
L’altro riferimento fondamentale, allegato all’Ordinanza ministeriale n. 172, sono state le Lineeguida, che hanno avuto uno specifico ruolo orientativo, aiutando il personale scolastico nell’affrontare il tema della formulazione dei giudizi descrittivi nella valutazione periodica e finale.
Questo percorso discendeva dal precedentedecreto legislativo n. 62/2017, uno dei decreti che a sua volta discendeva dalla legge n. 107/2015. Infatti, già all’interno di questo testo aveva preso l’avvio un vero e proprio iter per distinguere la valutazione degli apprendimenti dalla certificazione delle competenze e arrivare progressivamente, all’interno di ogni istituzione scolastica, a realizzare due passaggi fondamentali: la valutazione riguardante i risultati di apprendimento, attraverso un giudizio fondato su elementi di verifica, di un percorso complesso; la certificazione delle competenze che, invece, tenta di offrire una rappresentazione del saper fare intenzionale ed efficace raggiunto dall’allievo in relazione al contesto nel quale questo avviene. Con il D.lgs. n. 62/2017 si cercò di sistematizzare, integrare e modificare le precedenti norme relative al tema valutazione e fare maggiore chiarezza sul tema valutazione-certificazione.
L’obiettivo della nuova valutazione
Succede sempre così: ad ogni nuova riforma riguardante gli esiti degli apprendimenti e la valutazione seguono critiche demolitorie, letture superficiali del testo legislativo o sussulti di un orizzonte pieno di buone speranze. Nel caso della recentissima Ordinanza sulle nuove modalità previste per la valutazione periodica e finale degli apprendimenti potremmo senza alcun dubbio sottolineare che si tratta di un tentativo di rendere più agevole la comprensione del processo valutativo, così come del resto ha tenuto a precisare il Ministro Valditara. In ultima analisi si vuole agevolare la comunicazione con le famiglie circa il percorso formativo dei propri figli sulla scorta di una serie di considerazioni legate ad una difficile lettura della scheda di valutazione, ritenuta in alcune sue declinazioni di difficile comprensione. Ciò che però è mancato è un serio monitoraggio, una ricerca sistematica sul campo da cui partire per poi definire nuove procedure. Una maggiore chiarezza nella lettura della precedente scheda di valutazione è condivisibile, ma è condivisibile anche l’appunto lanciato dal CSPI in merito ai diversi obiettivi.
Il parere del CSPI
Così come è scritto nel dettagliato parere del CSPI la valutazione: “deve continuare ad avere per oggetto il processo formativo dell’alunno”. Il giudizio sintetico non può e non deve essere svincolato dai percorsi di apprendimento e dagli obiettivi specifici. Si rischia di disperdere quel patrimonio che si era costruito in questi ultimi anni nel far comprendere all’alunno e alle famiglie come aveva appreso, come poteva migliorare e, nello specifico della particolare singola disciplina, quali obiettivi erano stati raggiunti e quali quelli in cui potere migliorare. Il voto/giudizio unico, infatti, non dà contezza dei punti di forza o di debolezza del processo di apprendimento degli alunni. Il rischio è di fare un passo indietro rispetto alla precedente riforma che partiva proprio dal presupposto di una co-costruzione tra insegnanti alunni e genitori, una vera progettazione del percorso valutativo. È pur vero che la valutazione in itinere può essere espressa nelle forme che il docente ritiene opportune e ci si può sempre riferire agli obiettivi di apprendimento.
E il percorso formativo degli alunni?
La riflessione andrebbe, quindi, fatta proprio sugli obiettivi di apprendimento, che possono essere riscritti in modo più semplice, proprio per agevolare quella chiarezza voluta dal Ministro. Sarà il singolo docente a decidere se continuare a proporre gli obiettivi di apprendimento che poi devono necessariamente essere sintetizzati da un giudizio finale. Certo è che terminologie come: “sufficiente”, “non sufficiente” alla primaria non tengono conto delle frustrazioni, le ansie, le paure, le fragilità e le insicurezze dei piccoli allievi della primaria. Sempre nella nota del CSPI si evidenzia la necessità di rinominare e rimodulare proprio questi due giudizi sintetici con altre formulazioni più funzionali al miglioramento degli apprendimenti. Questo deve essere il faro illuminante sotteso alla nuova ordinanza: non disattendere il processo formativo di ogni singolo alunno. La valutazione è il cuore della scuola, necessaria per restituire l’apprendimento, una valutazione non competitiva ma formativa.
- Agata Gueli è formatrice nell’ambito dell’educazione linguistica da un ventennio, da più di dieci anni collabora con INDIRE come Esperta di grammatica valenziale nella formazione dei docenti, nella redazione di materiali di studio e nella ricerca sul campo. Già docente di Italiano e Storia nei Licei, è stata anche autrice INVALSI. Collabora dal 2011 con Rizzoli Education in merito alla redazione di testi scolastici per ogni grado di scuola. Ha collaborato anche con altre Case Editrici. Autrice con Anna Sorci di testi di grammatica valenziale per la scuola primaria (2022), come membro del Direttivo del CIDI di Palermo si occupa a livello nazionale di formazione dei docenti sulla didattica laboratoriale della grammatica valenziale.
Una valutazione “vintage” nell’era dell’IA- Le nuove misure alla prova dei fatti – D.S. RITA FAZIO
Con la nuova Ordinanza del MIM firmata, il 10 gennaio 2025, le scuole sono state chiamate ancora una volta a rivedere le modalità di valutazione utilizzate negli ultimi anni. Tale scelta reca in sé la riapertura del puzzle di quel dibattito storico, mai ricomposto attraverso scelte normative condivise e durature, e ancora una volta si cerca di riposizionare alcuni tasselli che nel tempo hanno subito, con molta frequenza, spostamenti e limature.
Infatti, la tematica della valutazione è stata sempre caratterizzata da visioni contrastanti. È stata sempre oggetto di grandi dibattiti che hanno animato genitori, professionisti della scuola, pedagogisti e non addetti ai lavori. Tutti si sono sempre sentiti esperti e in grado di orientare le scelte istituzionali. Certo nessuno entrava mai nel merito dell’ambiziosa valenza formativa delineata dall’articolo 1 del D.lgs. 62/2017[1]
Una storia di “stop and go”
Come preannunciato dalla legge 1° ottobre 2024, n. 150, che ha novellato il D.lgs. 13 aprile 2017 n. 62 (art. 2, comma 1), a partire dal secondo periodo del corrente anno scolastico, nella scuola primaria ritorneranno in scena i giudizi sintetici, mentre nella scuola secondaria di primo grado i riflettori si riaccenderanno sul voto in decimi per la valutazione del comportamento degli studenti.
Questi strumenti non costituiscono una novità in quanto in passato sono stati utilizzati a più riprese, forse perché, voti e giudizi sintetici, rientrano in quel linguaggio universale percepito da tutti come più facile da comprendere. Ricordiamo, infatti, che i giudizi sintetici sono stati ri-adottati nella metà degli anni ‘90 (C.M. 7 agosto 1996, n. 491) dopo una fase di sperimentazione molto impegnativa attraverso la quale si cercava di integrare due approcci culturali: quello tecnologico-docimologico e quello formativo. Nello strumento proposto allora si richiedeva ai docenti di utilizzare cinque lettere alfabetiche (A, B, C, D, E) per rappresentare i risultati di apprendimento. Ma, volendo fare un ulteriore passo indietro, va ricordato che negli anni 40 del secolo scorso i giudizi sintetici sono stati fortemente caldeggiati perfino dal Ministro Giuseppe Bottai[2]. Il sistema decimale, invece, ha accompagnato la valutazione dalla nascita fino alla legge 517/1977 per poi essere ripreso dalla legge 169/2008, ribadito tanto dal D.lgs. 62/2017 quanto, a proposito di Educazione civica, dalla legge 92/2019 (art. 2, comma 6).
Non sfugge, inoltre, che tra i giudizi sintetici e i voti scatta quasi automaticamente un facile parallelismo. È così anche per gli aggettivi suggeriti nell’allegato A dell’O.M. 2024: ottimo si fa corrispondere a dieci, distinto a nove, buono a otto, discreto a sette, sufficiente a sei e non sufficiente a cinque.
Cambiamento in corso d’opera
Sebbene nell’opinione pubblica sia radicata la convinzione che i voti costituiscano lo strumento per eccellenza per impegnare gli studenti nello studio, è pur vero che, se mal utilizzati, rischiano di diventare veicolo di competizione e anche motivo di facile contenzioso tra docenti e genitori. Oltre ciò, il limite più grande, sia dei voti sia dei giudizi sintetici, è quello di non rappresentare, per loro natura, i processi di sviluppo personale dello studente. Del resto, anche i genitori sono consapevoli che il “sei” attribuito da un determinato insegnante non è identico a quello assegnato da un docente più selettivo, che magari “per principio” concede il “sudato dieci” solo in casi “rari ed eccezionali”.
Probabilmente è sulla discrezionalità delle attribuzioni dei docenti, troppo spesso confusa con la libertà d’insegnamento, che una qualche riflessione andrebbe ancora sollecitata.
È giusto allora ipotizzare un ritorno alla “moda vintage” nell’era dell’Intelligenza artificiale? Certamente sì, dice il Ministro Valditara in una recente intervista in cui invita a non arrendersi, a non aver paura di “tornare indietro”. Ma il tornare indietro è un “reculer pour mieux sauter” o è un sentiero che allontana dalla meta?
I docenti della scuola primaria sono quelli più frastornati. Sono i professionisti che hanno vissuto più degli altri il turbinio dei continui cambiamenti nei decenni passati. Questa ordinanza, inoltre, cambia le regole del gioco in corso d’opera mentre, tra l’altro, è in dirittura d’arrivo la pubblicazione del PTOF-triennalità 2025/2028, ritardata solo dalla inaspettata proroga disposta dal Ministero per le iscrizioni all’anno scolastico 2025/2026. Ciò inevitabilmente ha posto anche l’interrogativo inerente all’aggiornamento della sezione valutazione degli apprendimenti. Fortunatamente la scuola è sempre disposta a trovare soluzioni ai continui mutamenti. Lo ha evidenziato anche la recente crisi pandemica: i docenti si sono velocemente rimodulati in “artigiani della transizione digitale” onorando la scelta di quella mission che è alla base di un mestiere difficile e impegnativo, ma che non corrisponde, purtroppo, ad un dignitoso riconoscimento economico e sociale.
Le risorse dei docenti e le buone prassi
Dopo un turbinio di trend tra lettere alfabetiche, livelli, giudizi descrittivi, il ritorno alla “moda vintage” può trovare la sua significatività nella consapevolezza che occorra forse rinunciare alla ricerca dello strumento “idealtipo” della valutazione. Certo, c’è una responsabilità etica nel cercare la strada più adeguata per i giovani di oggi, considerando la mutevolezza del presente e la rapida obsolescenza del nostro “passato prossimo”, considerando le distanze ravvicinate nel virtuale, i fatti di cronaca, ma anche le indagini internazionali che disegnano scenari inquietanti.
Al di là di ogni scelta politica, tutti gli strumenti sperimentati nel corso della storia scolastica offrono un ventaglio di opportunità, accompagnato però da una serie di rischi che devono sempre essere posti in primo piano. Del resto, nel testo dell’Ordinanza 2025 si dice che “la valutazione in itinere resta espressa nelle forme che il docente ritiene opportune e che restituiscano agli alunni, in modo pienamente comprensibile, il livello di padronanza dei contenuti verificati, in conformità con i criteri e le modalità definiti dal Collegio dei docenti e inseriti nel PTOF”. Sono righe di saggezza pedagogica che sono alla base della professionalità del docente e costituiscono la strada per garantire il successo formativo dello studente. Nessuna disposizione normativa potrà, infatti, cancellare la storia della nostra scuola: la riflessione costruttiva e collaborativa è oramai una prassi quotidiana, anche se a volte sofferta. Probabilmente, è nella discontinuità dello “stop and go” che dovremmo iniziare a cogliere la continuità delle buone prassi, tutte legate con unico file rouge al valore non giudicante ma formativo, proattivo e regolativo di una valutazione autentica; di una valutazione che continui a precedere, accompagnare e seguire i progressi tanto negli apprendimenti quanto nel comportamento degli studenti.
Ma le difficoltà non si possono ignorare
Considerato che il miglioramento resta sempre un orizzonte e mai un punto di arrivo, la speranza è che le prossime riforme non avvengano in corso d’anno perché causano inevitabili problemi: non ultimo, in questo caso, lo stesso riadattamento terminologico dei valori docimologici. Un cambiamento per essere fecondo deve avvenire attraverso riflessioni comuni e azioni condivise. Tutti, per migliorare, abbiamo la necessità di metabolizzare le esperienze e la comunità scolastica non prevede eccezioni a questa regola essendo costituita, appunto, da persone!
A parte le scelte istituzionali dello strumento valutativo, a lasciare perplessi ci sono anche altri aspetti. Per esempio, nel testo leggiamo che “le istituzioni scolastiche possono riportare nel documento di valutazione i principali obiettivi di apprendimento previsti dal curricolo di istituto per ciascuna disciplina”. Ancora una volta il dialogo tra le discipline non ha guadagnato il meritato e fondamentale riconoscimento. Cosa accadrà della certificazione delle competenze? Non si evidenzia già un chiaro disallineamento con la valutazione degli apprendimenti? Sarà sufficiente il recente D.M. del 30 gennaio 2024 n. 14 che ha finalmente prodotto un modello unitario di certificazione per il primo e per il secondo di istruzione? Non sarebbe stato opportuno offrire qualche spiraglio in più alla personalizzazione degli apprendimenti e anche alla valorizzazione dei talenti?
Probabilmente è meglio affidare al tempo la risposta a questi nuovi quesiti e concentrarsi tempestivamente sul lavoro da intraprendere: “adeguare i criteri di valutazione, i registri elettronici e i documenti di valutazione per la scuola del primo ciclo, nonché fornire opportuna informazione alle famiglie degli alunni”.
[1] D.lgs. 62/2017, art. 1: “La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione e formazione, ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze.
[2] Art. 17, legge n. 899 del 1° luglio 1940: “Al termine delle lezioni rispettivamente del primo e del secondo anno scolastico, il consiglio di classe, sotto la guida del preside, presa visione dei giudizi trimestrali complessivi di cui all’art. 16, li discute e li definisce in un giudizio finale. Da tale giudizio il consiglio stesso desume la classificazione degli alunni nelle seguenti categorie: ottimo, buono, sufficiente, insufficiente, affatto insufficiente”.