Senza alcun confronto con le parti sociali, senza che il testo sia stato presentato alle competenti commissioni parlamentari, senza che ci sia stato un esame preventivo sulla attuale situazione del personale precario, insomma in maniera del tutto “dittatoriale”, il Ministro Bianchi ha avuto il consenso da parte del Consiglio dei Ministri alle nuove regole per la formazione iniziale e continua e per il reclutamento dei docenti della scuola secondaria.
ECCO LA BOZZA DEL NUOVO TESTO APPROVATO IN CONSIGLIO DEI MINISTRI: BOZZA-decreto-reclutamento_22-4-22
Dove sono finiti i proclami di tutela dei precari del Pittoni, dei Sasso, del Partito Democratico, della CGIL, e via dicendo ? Ora tutti gridano alla luna ma, intanto, il Bianchi va avanti e ignora del tutto i passaggi previsti dalla legge.
A sentire il Ministro la riforma aprirebbe a “Percorsi certi per chi vuole insegnare. Una definizione più chiara degli obiettivi e delle modalità della formazione dei docenti durante tutto il loro percorso lavorativo. Concorsi annuali per reclutare con costanza il personale, aprendo più rapidamente le porte ai giovani. Questi i tre perni della riforma approvata oggi dal governo, che porterà in cattedra, entro il 2024, i primi 70mila insegnanti.”
Una riforma nata nelle segrete stanze e che sarà varata con un decreto-legge sul Pnrr. Eppure l’adozione del Decreto Legge, prevista dalla Costituzione, viene posta in essere solo per motivi d’urgenza e, certamente, questo non è il caso, perchè, seppur inserita nel PNRR, ben prima il Bianchi poteva presentare il progetto in Parlamento e alle parti sociali. Invece, come nelle migliori dittature, non si ascolta nessuno, men che mai la scuola, e si tira dritto.
Secondo Bianchi con il decreto legge si ” ha un ulteriore passo avanti per dare stabilità al sistema d’Istruzione – sottolinea il Ministro Patrizio Bianchi -. Prevediamo un percorso chiaro e definito per l’accesso all’insegnamento e per la formazione continua dei docenti lungo tutto l’arco della loro vita lavorativa. Puntiamo sulla formazione come elemento di innovazione e di maggiore qualificazione di tutto il sistema”. Prosegue il Ministro: “Prevediamo, poi, entro il 2024, 70.000 immissioni in ruolo, attraverso concorsi che saranno banditi con cadenza annuale. Gli insegnanti sono il perno dei nostri istituti e devono avere un quadro strutturato di inserimento, il giusto riconoscimento professionale e strumenti che consentano un aggiornamento costante, indispensabile per svolgere il loro compito di guida delle nuove generazioni. Al centro di questa riforma c’è un’idea precisa di una scuola aperta e inclusiva, che stiamo costruendo con le risorse del PNRR a disposizione e con il dialogo con tutti gli attori coinvolti”.
Il testo del decreto legge, di cui si aspetta di conoscere i contenuti ufficiali, prevede:
La formazione iniziale e l’abilitazione
Si definiscono le modalità di formazione iniziale, abilitazione e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria.
Sono previsti:
- Un percorsouniversitarioabilitante di formazione iniziale (corrispondente ad almeno 60 crediti formativi), con prova finale
- Un concorso pubblico nazionale con cadenza annuale
- Un periodo di prova in servizio di un anno con valutazione conclusiva
Il percorso di formazione abilitante si potrà svolgere dopo la laurea oppure durante il percorso formativo in aggiunta ai crediti necessari per il conseguimento del proprio titolo. È previsto un periodo di tirocinio nelle scuole. Nella prova finale è compresa una lezione simulata, per testare, oltre alla conoscenza dei contenuti disciplinari, la capacità di insegnamento.
L’abilitazione consentirà l’accesso ai concorsi, che avranno cadenza annuale per la copertura delle cattedre vacanti e per velocizzare l’immissione in ruolo di chi vuole insegnare. I vincitori del concorso saranno assunti con un periodo di prova di un anno, che si concluderà con una valutazione tesa ad accertare anche le competenze didattiche acquisite dal docente. In caso di esito positivo, ci sarà l’immissione in ruolo.
In attesa che il nuovo sistema vada a regime, per coloro che già insegnano da almeno 3 anni nella scuola statale è previsto l’accesso diretto al concorso. I vincitori dovranno poi conseguire 30 crediti universitari e svolgere la prova di abilitazione per poter passare di ruolo.
Durante la fase transitoria, coloro che non hanno già un percorso di tre anni di docenza alle spalle ma vogliono insegnare potranno conseguire i primi 30 crediti universitari, compreso il periodo di tirocinio, per accedere al concorso. I vincitori completeranno successivamente gli altri 30 crediti e faranno la prova di abilitazione per poter passare di ruolo.
La formazione continua e la Scuola nazionale
La formazione in servizio dei docenti diventa continua e strutturata in modo da favorire l’innovazione dei modelli didattici, anche alla luce dell’esperienza maturata durante l’emergenza sanitaria e in linea con gli obiettivi di sviluppo di una didattica innovativa previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
La formazione sulle competenze digitali e sull’uso critico e responsabile degli strumenti digitali sarà parte della formazione già obbligatoria per tutti e si svolgerà nell’ambito dell’orario lavorativo.
Viene poi introdotto un sistema di aggiornamento e formazione con una pianificazione su base triennale che consentirà agli insegnanti di acquisire conoscenze e competenze per progettare la didattica con strumenti e metodi innovativi. Questa formazione sarà svolta in orario diverso da quello di lavoro e potrà essere retribuita dalle scuole se comporterà un ampliamento dell’offerta formativa. I percorsi svolti saranno anche valutati con la possibilità di accedere, in caso di esito positivo, a un incentivo salariale.
I percorsi di formazione continua saranno definiti dalla Scuola di alta formazione che viene istituita con la riforma e si occuperà non solo di adottare specifiche linee di indirizzo in materia, ma anche di accreditare e verificare le strutture che dovranno erogare i corsi, per garantirne la massima qualità. La Scuola, che fa parte delle riforme del Pnrr, si occuperà anche dei percorsi di formazione di dirigenti e personale Ausiliario, Tecnico e Amministrativo.
Tutto questo avviene, fra l’altro, e in maniera parossistica e contradditoria, mentre il governo vara all’unanimità il nuovo Def, il Documento di Economia e Finanza che definisce le linee principali di politica economica del Paese, con cui si diminuisce la spesa per la scuola. Nel 2020 la spesa pubblica è stata pari al 4% del totale, ma scenderà al 3,5% nel 2025 per mantenersi intorno a quella cifra negli anni successivi.
Insomma, con che faccia ci si presenta e si ha la spudoratezza di dire che si vuole investire con la riforma sulla scuola e dare certezza e stabilità di lavoro ai precari se, poi, si diminuisce la spesa per la scuola di 0,50 negli anni avvenire